origini

Perché Alburni Trekking.

Vivo da sempre in un bel paese della provincia di Salerno, Sicignano degli Alburni, dove gli Alburni impediscono lo sguardo a sud. Questo per dire che necessariamente, tutti i giorni, a noi sicignanesi gli Alburni fanno sentire la loro presenza in modo “insistente”. Le Dolomiti del Sud, così sono chiamati gli Alburni. Un massiccio montuoso, con una naturale vocazione turistica, ma ahimè, mai sostenuta da una adeguata promozione.

Alburni Trekking” era necessariamente il punto di partenza. Legare in modo imprescindibile il nome dei Monti Alburni ad una attività nobile qual è il Trekking, proprio come – ed è l’unico caso nel comprensorio degli Alburni – il nome di questo paese “Sicignano” è legato al nome della montagna che lo sovrasta “degli Alburni”.

Tanti sono i miei concittadini che conoscono bene questa montagna, e la vivono da veri montanari, per lo più in solitaria, e fedeli a quello spirito si ritrovano spesso a percorrerla da soli. Qui da me  in molti passeggiano da soli, troppe cose qui si fanno da soli.

Gli speleologi di “valloverticale”, che spesso salgono sugli Alburni per praticare la loro passione, scrivono in una loro pubblicazione: “I massicci del Cervati e degli Alburni, sebbene siano tra  le aree carsiche più interessanti della speleologia nazionale, risultano ancora sconosciute alle popolazioni locali che ignorano quindi l’immenso patrimonio ambientale che li circonda.”

Come incrodati ad una parete, i sicignanesi non hanno mai saputo concretizzare i sogni che gli Alburni, col loro fascino costringono a fare. Ecco dunque spiegato perché da dieci anni ormai tento di invitare, coinvolgere, spronare, gli amici, i conoscenti, i simpatici e gli antipatici affinché si provi il gusto di fare le cose insieme. Perché sono convinto che solo insieme, e coesi, possiamo aspirare a raggiungere mete più alte della simbolica cima Panormo. Dunque, sentivo di dover dare il mio contributo e pensai che il miglior modo fosse quello di lasciar fare agli Alburni, quindi, 10 anni fa (2008), cominciai le mie escursioni in solitaria, nascondevo qualche tesoro (geocaching) e intanto aspettavo. Oggi con l’aiuto dei social, sugli Alburni, non siamo più soli, e il bello è che non essere soli fa bene all’animo, porta gioia, porta amici, che si sa, fanno bene alla salute!

Decantare la montagna onnipresente nella nostra vita quotidiana sembra quasi sdolcinato, ma gli Alburni non sono solo “la nostra montagna” quella che ha cullato per molti anni i sogni di tanti sicignanesi ma è una montagna importante anche per chi a Sicignano non è nato né vissuto. Voglio sottolineare il grande valore geologico degli Alburni. Ogni anno gruppi di speleologi di tutta Italia ci raggiungono per esplorarli. La natura carsica degli Alburni: 200 tra grotte, cavità, inghiottitoi, fiumi e laghi sotterranei, la rendono rara. Poche altre montagne su tutto il territorio nazionale sono come gli Alburni. Ricordo le grotte di Pertosa che come poche altre sono percorribili in barca, e quelle di Castelcivita, che dopo quelle di Castellana sono tra le più lunghe d’Italia.

Gli Alburni hanno anche tante storie da raccontare, storie che hanno lasciato tracce ancora visibili. Ricordo la storia dei briganti che qui si nascondevano dai soldati dei Savoia, o la storia dei sicignanesi che fuggivano dai bombardamenti della seconda guerra mondiale trovando riparo nelle varie grotte degli Alburni, tra cui quella dei Falconi, quella del Drago, del Monte Tirone e ricordo anche i carbonai che sugli Alburni trascorrevano mesi a lavorare e a viverci con le loro famiglie, e poi storie di pastori, di taglia legna, di viandanti, di esploratori…

La faticosa ascesa sugli Alburni, per chi parte da Sicignano – più che in ogni altro paese del comprensorio – è una sfida da vincere, per vedersi poi gratificati nel corpo e nello spirito, e solo lì in alto che ci rendiamo conto del valore dell’impresa, un’impresa che ci avvicina alla natura e agli altri. Ascendere 900 metri in un chilometro e mezzo di latitudine è uno sforzo intenso che viene premiato da prospettive mozzafiato, da bianche pareti verticali che cadono a strapiombo sotto i piedi e da rigogliosi boschi di faggi.

La “nostra montagna”, per noi che l’amiamo, non ha solo un valore affettivo, gli Alburni sono interessanti anche dal punto di vista escursionistico. Sugli Alburni ci sono oltre 30 sentieri segnati dal CAI. Il più significativo tra questi è il Sentiero Italia che attraversa Sicignano degli Alburni fino al Passo della Sentinella dopo aver toccato il Monte Panormo, un piccolo frammento di circa 30 km degli oltre 7000 km dell’intero itinerario, ma si tratta di un frammento che ci è molto caro perché a percorrerlo si rivive la storia di questo territorio che è anche la nostra storia personale.

Partendo da Sicignano a 620m slm e percorrendo il Sentiero Italia, la prima sosta si fa di solito al “Gruoffolo” a 1100 m slm, sorgente invernale di acqua pura. Dopo aver raggiunto a 1240 m slm la “Grotta e zì Carluccio“, si affronta l’ultimo intenso sforzo prima del meritato riposo, da qui in poi diventa tutto magico, quando la vegetazione non è ancora al massimo del suo rigoglio, quindi d’inverno, si riesce a vedere una particolarissima conformazione circolare nella roccia ad est del nostro sentiero, all’imbocco de “Re Sett Vutat”, una immagine prospettica che ci è piaciuta chiamare lo Stargate degli Alburni. Poco prima di giungere all’emozionante luogo di osservazione del Vucculo dell’Arena “A Loggia” a 1450 m slm, si costeggia una grava catalogata nel Catasto delle Grotte della Campania “Grava Vuccolo dell’Arena (Cp 706). La grotta si presenta come un pozzo con ingresso dalla forma triangolare, non ancora esplorato e rilevato.” Numerosi sono i fossili di rudiste che si trovano sulle rocce ippuritiche degli Alburni e che si incontrano sul sentiero.​
Percorrendo ancora il SI che porta alla cima Panormo a 1742m slm, si fa di solito sosta per rinfrescarsi e per una rigenerante granita a 1500 m slm nei pressi del Nevaio perenne, poco lontano da qui si passa a far visita al Principe del Bosco, l’Abete Bianco Secolare unico esemplare degli Alburni. Sul Monte Panormo la vista si spinge veramente oltre, ad est c’è il Cervati, a sud-ovest il mare, poi si firma il libro delle visite, si tenta di trovare il tesoro (geocaching), si dà un’occhiata alle maestose bianche pareti verticali, che cadono a strapiombo per centinaia di metri. Il percorso di ritorno dipende dalle energie ancora disponibili. Due sono le alternative: ripercorrere lo stesso sentiero dell’ascesa o imboccare il sentiero CAI 311 che costeggia le pareti nord degli Alburni e che conduce fin sotto il Monte Tirone 1556 m slm, un monte minore, ma dalla cui sommità si osservano emozionanti prospettive, il Monte Panormo, sintesi di forza e imponenza e il Monte Urto 1661 m slm, il monte che mette soggezione, irto e impettito.
Dal Monte Tirone si vede bene anche la parete rocciosa a nord del Monte Urto, che l’amico poeta Lucio Mandia chiama La Cattedrale per la sua forma a cuspide. Beh La Cattedrale porta in grembo una meraviglia, la Grotta dei Falconi, una cengia, un “graffio” nella roccia di questa enorme parete, un graffio lungo 50 metri, alto 4 e profondo 2, chiamata così perché luogo prescelto dai  falchi per nidificare.
Si lascia così il sentiero CAI 311 e si imbocca il 311/a, che passa sotto il monte Urto, costeggia La Cattedrale per giungere infine a Sicignano passando tra secolari castagneti.
E’ questo uno dei tanti percorsi che si può scegliere di percorrere sugli Alburni, con grado di difficoltà E e con grado di emotività EEE.

Ecco spiegato perché “Alburni Trekking”, perché proprio non se ne può fare a meno.